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Viaggi e miraggi birrari: a Catania tutti i tasselli di un gran Mosaik.

2016

 

C‘è un intimo e grazioso angolo di mondo, a Catania, che sta incantando mezza Italia birraria con la sua grande energia. Un capolavoro di semplicità, complicità e coerenza, dove ogni tassello sembra essere al suo posto… come in un bel mosaico. Non è scienza, né fantascienza. Semmai testa e tanto cuore. Una perfetta alchimia. Quella che appunto hanno saputo creare sin dall’inizio (7 marzo 2014) Fabio Bruno e Dorothea Licandro, nel loro Mosaik – Beer House & Tea Room.

Mondo raccolto. Garbo. Calore. Ristoro. Da pregiate miscele di spezie e tè… alle nostre beneamate birre vive, magari accompagnate da qualcosa di buono e mai scontato da piluccare (la ricotta al forno in cui ci siamo imbattuti… era la fine del mondo!). Ottima base di partenza, ma pur sempre e solo tasselli dell’intero mosaico. Perché poi ci vuole altro. Quel quid di imponderabile che consacra definitivamente un locale, rendendolo unico e inimitabile.

Si chiama atmosfera. È l’ambiente, con la sua gente. Gente che condivide momenti in comune, in compagnia o “a tu per tu con se stessi”… staccando da “scadenze” e “compromessi” del vivere quotidiano.

«Il Mosaik come mosaico di persone, di esperienze, di vite e di vita»… ci dice per l’appunto Fabio. «Una sorta di buen retiro. Una seconda casa, quando la propria non basta… condividendo tempo, spazio e magari qualche passione, come quella per le buone birre. Questo è ciò che abbiamo sempre cercato, per poi concludere che forse potevamo proprio essere noi a proporre qualcosa di simile nella nostra Catania». Un locale in qualche modo fuori dagli schemi… quando per esser “fuori dagli schemi” a volte basta solo un po’ di coerenza. Coerenza con ciò che si vuole fare, senza necessariamente assecondare i gusti di tutti, inseguendo a ogni costo la legge di un registratore di cassa.

«Questo locale è un po’ lo specchio di due nostre grandi passioni: le birre e il tè»… prosegue Dorothea, la quale vanta peraltro 6 mesi di soggiorno a Ōsaka, dove oltre a studiare il giapponese ha anche approfondito proprio l’antica cultura del tè. «Né cocktail, né vino, né superalcolici, né altra bevanda che non siano birre artigianali e pregiate miscele di tè. Così come niente Wi-Fi, a vantaggio dei giochi da tavolo. Questi sono alcuni dei nostri punti fermi… e pazienza se qualcuno che viene per la prima volta a trovarci, rimanga un po’ spiazzato. Proveremo a fargli cambiare idea».

Ma da dove nasce questa passione per il mondo delle birre artigianali e di tutto ciò che vi ruota attorno? Fabio ci parla di un crescendo di consapevolezza… e anche di un “baretto sfigato” nel centro di Amsterdam, in un viaggio del 2009, dove quella consapevolezza si fece ancora più marcata. Seguirono altri viaggi a tema, in Paesi e Regioni di gran tradizione birraria, anche se il fil rouge con l’Olanda (e le sue birre) è sempre rimasto.

«Il primo fusto attaccato sull’allora nostra unica spina è stato comunque di un birrificio italiano… vale a dire la Blanche de Valerie di Almond ’22, del nostro amico Jurij Ferri. Oggi l’impianto di proprietà conta 6 spine e una pompa inglese, oltre ovviamente a un discreto numero di referenze in bottiglia… con approvvigionamenti in gran parte diretti e riservando sempre maggiore spazio all’oramai consolidato panorama brassicolo nazionale. Tanti i birrifici con cui abbiamo un rapporto stretto (MC77, Lariano, Croce di Malto, Mastino, Hilltop… solo per citarne alcuni), senza dimenticare alcune piccole realtà siciliane emergenti: Yblon di Ragusa, Alveria di Canicattini Bagni (SR), Epica di Sinagra (ME), Malarazza (che a breve ripartirà con un impianto di proprietà) di Siracusa e gli stessi amici del Ballarak, da poco partiti con il loro brewpub nel quartiere di Ballarò, a Palermo».

La serata scorre che è un piacere… come le birre (la Cherry Lady di Gino Perissutti / Foglie d’Erba, come sempre ci mette le ali… ma il brindisi finale è con il Lambic di Cantillon). Il locale si anima. Si completa il mosaico. L’ambiente… con la sua gente. Noi, tanto per cambiare, siamo al banco. Di là tavolini “alti, da quattro” e scaffali di bottiglie d’ogni sorta. In fondo, qualcosa di ancora più raccolto, con divanetti e angolo tv a tubo catodico, che non funziona (né avrebbe dovuto farlo) ma fa tanto casa.

La casa di Dorothea e Fabio, che sono i veri artefici di questa magia. Compagni nella vita come nel lavoro. Tanto entusiasmo, per due caratteri diversi ma complementari. Persone splendide. A loro non interessa chi sei e da dove vieni: sei passato a trovarli… e tanto basta. Basta per essere accolti al meglio, per scoprire tutti i tasselli di un gran Mosaik.

[siba: best indi!]
 

 

Mosaik

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